LA PICCOLA GUIDA ALLA CULTURA ISLAMICA Note riguardanti l'Autore: Eduuard Bàllaman, parlamentare della Lega Nord, con alle spalle molte missioni nei Paesi asiatici, eletto nella provincia di Pordenone, è da sempre attento alle tematiche che riguardano i rapporti tra mondo cristiano e mondo islamico e più in generale a tutte le tematiche che riguardano la difesa della nostra storia, della nostra cultura e della nostra società. Tra le sue battaglie ricordiamo la proposta avanzata all’Unione Europea per far diventare beato Padre Marco d’Aviano (il frate cappuccino che nel diciottesimo secolo riuscì a coalizzare gli eserciti cristiani contro quelli turchi che stavano per conquistare Vienna, salvando di fatto l’intera Europa dall’islamizzazione) copatrono d’Europa. Assieme ai colleghi del gruppo della Lega Nord alla Camera ha proposto la legge per inserire le radici cristiane nella Costituzione italiana (proposta che si è subito arenata alla Camera dei Deputati, probabilmente a causa delle stesse persone che in pubblico, sui giornali e in televisione continuano a stracciarsi le vesti perché l’Unione Europea non le ha inserite nella propria Costituzione). Tra le altre battaglie portate avanti da Bàllaman ricordiamo quella per far emergere la verità nella questione dell’uranio impoverito utilizzato nella guerra nell’ex Jugoslavia (che ha provocato malattie mortali tra i nostri militari, tanto che a oggi contiamo quasi 40 decessi e oltre 300 ammalati gravi). Da quando ha trasmesso per la prima volta il cortometraggio "Submìssion", il 6 maggio 2005, Bàllaman vive sotto scorta a causa delle pesanti minacce di morte. Quest'opera e' stata redatta con la collaborazione del professor Silvio Calzolari e del dottor Angelo Bernardis. Premessa Dopo aver realizzato il cortometraggio Submìssion, il regista olandese Theo Van Gogh venne assassinato (2 novembre 2004) da un estremista islamico e il produttore, per paura di fare la stessa fine, decise che il filmato non sarebbe più stato trasmesso. Alcune settimane dopo la sua morte alcuni amici olandesi me ne hanno consegnata una copia pregandomi di adoperarmi per farlo conoscere a più persone mi fosse stato possibile. Il mio movimento, la Lega Nord, si è attivato in maniera splendida organizzando incontri nelle sedi, nei cinema, nei teatri e in ogni luogo fosse possibile la trasmissione del cortometraggio. Alle proiezioni di Submìssion hanno fatto sempre seguito dei dibattiti molto interessanti in cui sono state fatte molte domande sull’Islam. Dalle domande che venivano poste è nata l’idea di realizzare questa piccola guida, allo scopo di fornire un minimo di informazioni sul mondo islamico e sul Corano, lasciando ai lettori trarre le dovute considerazioni circa le reali volontà di integrazione e i rischi che la nostra società e la nostra civiltà stanno correndo. Dedico queste pagine alla memoria del politico olandese Pim Fortuyn, assassinato anche lui a causa della sua battaglia contro l’islamizzazione della nostra cultura, al regista Theo Van Gogh ed a tutte le vittime dell’estremismo islamico. Eduuard Bàllaman settembre 2005 Prima parte Allah Non è una divinità adorata dai musulmani ma Dio assoluto e unico. E’ una parola composta da "llah" che vuol dire Dio e dall'articolo "al". Allah potrebbe corrispondere alla parola italiana "Iddio". L’Islam deve probabilmente questo termine al paganesimo preesistente: esistono infatti testimonianze che comprovano l’esistenza pre-islamica di un’identica divinità suprema. Maometto ritenne probabilmente necessario non introdurre una divinità nuova e riscattare quella pagana precedente sottoponendola ad una specie di "purificazione dogmatica". L’Islam poi fece proprie alcune consuetudini precedenti: poligamia, schiavitù, circoncisione, divorzio facile e regole sociali. Nel Corano (vedi voce) nella sura numero sette (versetto 180) si afferma: "ad Allah appartengono i nomi più belli, invocatelo con quelli". Il profeta Maometto ha anche detto: "Allah ha 99 nomi, 100 meno 1, tutti coloro che li terranno a memoria entreranno in paradiso". Questi nomi non sono nomi propri e fanno riferimento alle qualità stesse di Dio: "il creatore", "il benefattore", "il misericordioso", "il compassionevole", ecc. Il centesimo nome è segreto e conosciuto solo da Dio. La fonte dei 99 nomi è il Corano e spicca per la sua assenza la connotazione di Dio come "Amore", così cara alla tradizione cristiana. La recita dei nomi ha un grande valore e può essere paragonata al rosario dei cristiani. L’assoluta trascendenza di Allah impedisce che tra Lui e i credenti si stabilisca un rapporto di intimità come nel cristianesimo. Allah è così una divinità lontana, nascosta, non in comunione con gli uomini. Corano Il Corano (al-qur ’an, che significa: "recitazione"), non è opera di Maometto ma sarebbe un libro rivelato, intorno al 610 dopo Cristo, da Allah mediante l’arcangelo Gabriele. Secondo la tradizione il Corano deriverebbe da un modello conservato in cielo e chiamato "Madre del Libro". Allah lo avrebbe fatto scendere su Maometto in una "notte benedetta" e poi lo avrebbe rivelato successivamente a frammenti, così un frammento posteriore può abrogarne uno precedente. Il Corano è "parole di Allah": perciò è "infallibile", "inalterabile", "inimitabile", non interpretabile. Confermerebbe i messaggi precedenti della Legge ebraica (torah) e del Vangelo (in arabo sempre singolare: al-Injil). Il Corano è composto da 114 capitoli chiamati "sura", ognuno dei quali è diviso in versetti. Le sura non sono disposte in ordine cronologico, né in ordine logico, ma secondo la loro lunghezza, dalla più lunga alla più corta. Per il musulmano il Corano è l’inflessibile parola di Dio. Si sostiene che queste rivelazioni siano state conservate esattamente nella forma in cui vennero svelate, senza alcun cambiamento o aggiunta o perdita. Per un occidentale è un libro confuso e pieno di contraddizioni fra un passo e l’altro. Se ne accorse anche Maometto, che rimediò affermando: "Allah può abrogare tutto quello che vuole, anche quello che ha detto prima". Lo stesso Allah in una sura (numero 2, versetto 100) confermò la possibilità dell’abrogazione: "per questo brano che abroghiamo o che ti faremo dimenticare ne accorderemo uno migliore o uguale ad esso". Insomma,secondo l’Islam, Dio può sbagliare ed è difficile stabilire come Maometto abbia potuto conciliare l’idea di abrogazione con quella del testo immutabile custodito in cielo. Un esempio tipico della "divina abrogazione" è la proibizione del vino: nella sura numero 16 (versetto 96) è permesso; nella sura numero 2 (versetto 216): "nel vino vi è più male che bene"; nella numero4 (versetto 46) si raccomanda di non pregare in stato di ebbrezza; nella numero 5 (versetto 92): "è abominevole opera di Satana". Come si deve comportare un povero musulmano se l’Islam ammette l’arbitarietà di Dio? Comunque per gli islamici il Corano è molto più che un libro santo: come per i cristiano il Verbo s’è fatto uomo in Gesù, così per i musulmani si è fatto libro nel Corano. E’ increato e sussiste in eterno. Per questo il Corano non può essere paragonato ai Vangeli ma, per gli islamici, al Cristo stesso. Nel Corano si trova indicato quanto gli uomini devono conoscere per "sottomettersi" (vedi voce Islam) a Dio e organizzare una società secondo il suo volere. Il Corano è usato come amuleto in occasioni di nascite, matrimoni o morte. Non deve rimanere sotto altri libri, ma deve essere sempre in cima a tutti; non si deve bere o fumare durante la lettura ad alta voce e va ascoltato in devoto silenzio; i bambini sono costretti nelle scuole coraniche ad imparare a memoria l’intero libro sacro (circa seimiladuecento versi), a discapito dell’insegnamento del pensiero critico. E per finire una curiosità:lo sceicco Nefzawi lo consiglia nel suo classico dell’erotismo "Il giardino profumato" come afrodisiaco, e si dice che leggere il Corano stimoli l’erezione e la copulazione. Corano libro di pace Può il Corano essere considerato "libro di pace" come sostiene una certa stampa di Sinistra? Pensiamo proprio di no. Vediamo il perché. Due volte nel Corano i musulmani sono chiamati il "partito", "la fazione", di Allah, mentre tutti gli altri sono chiamati i "nemici di Allah" (sura numero 41, versetto 19; sura numero 41, versetto 28). Nella sura numero 5 (versetto 57) si afferma: "colui che sceglie come amici e alleati Allah, il suo messaggero (Maometto) e i credenti (musulmani) sceglie il partito di Allah che avrà la vittoria". Anche la sura 58 (versetti 22 e 23) preannuncia la vittoria sui miscredenti. Il Corano fa chiara differenza fra i musulmani e tutti gli altri. Fra i due gruppi c’è "distinzione", "separazione", "distanza" e "rifiuto" anche se talvolta si possono trovare versetti di amicizia accondiscendente. Il mondo è diviso in due aree ben separate e fra loro incomunicabili: la "Dimora dell’Islam" (daral-Islam) dove regna la pace, l’armonia e la giustizia e la "dimora della guerra" (dar al-harb), regno di miscredenza, infamia e ingiustizia. Quest’ultima dimora è la "Casa di Satana". I musulmani sono chiamati i "superiori", "i vincitori" e anche i "potenti", condizioni necessarie per fronteggiare i miscredenti e batterli. Bisogna realizzare infatti l’ideale coranico fissato nel versetto 29 della sura numero 48: "Maometto è il messaggero di Allah e quanti sono con lui sono duri con i miscredenti e compassionevoli fra di loro". Il compito degli islamici sulla terra è quello di intervenire per far trionfare la legge e l’ordine di Allah. Il Jihad (vedi voce), per questo è chiamato "obbligo di comunità", perché intende realizzare quest’ideale sia individualmente che collettivamente. Il Corano utilizza ben 62 volte il verbo "qatala" (uccidere), tra le quali 10 volte all’imperativo. Così al versetto 89 della sura numero 4 si afferma: "non sceglietevi amici tra i miscredenti finché non emigreranno per la causa di Allah. Se vi volgono le spalle, allora afferrateli e uccideteli ovunque li troviate". E ancora nella sura numero 9 (versetto numero 5): "quando poi siano trascorsi i mesi sacri, uccidete i miscredenti ovunque li incontriate, catturateli, assediateli, tendete loro agguati". Nel Corano la lotta e il combattimento sono legittimati al fine di eliminare ogni discordia religiosa: "combattete i miscredenti finché non ci sia più persecuzione e il culto sia reso solo ad Allah". E ancora: "vi è stato ordinato di combattere, fatelo, anche se non lo gradite". Nella sura numero 9 (versetto 29) poi si legge: "combattete coloro che non credono in Allah e nell’ultimo giorno, che non vietano quello che Allah e il suo messaggero vietano, e quelli, tra la gente della Scrittura (ebrei e cristiani), che non scelgono la religione della verità (Islam), finché non versino umilmente il tributo e non siano soggiogati". Da quanto detto sopra è chiaro che la violenza appartiene alla sostanza del messaggio coranico. Considerazioni finali sul Corano Nonostante il Corano contenga alcuni lodevoli principi morali (elemosina, rispetto dei genitori, necessità della preghiera, eccetera) questi aspetti sono oscurati da principi ignobili: intolleranza nei confronti dei non musulmani, incitamento alla violenza e all’uccisione, sottomissione delle donne agli uomini, accettazione della schiavitù, punizioni barbariche ed il disprezzo della capacità umana di poter liberamente criticare, ragionare, dibattere. Nel Corano si evidenzia che il diritto di famiglia islamico è incompatibile con il nostro e che la visione della vita pubblica proposta, prospettando una perfetta fusione tra religione e politica, è lontanissima dalla nostra. Finché l’Islam continuerà a credere il Corano "divino" ed "eternamente vero" (e quindi immutabile nel tempo) non sarà possibile alcun tipo di progresso né civile né umano poiché la società perfetta era e sarà sempre quella descritta nel Corano nel settimo secolo dopo Cristo. La mezzaluna, il simbolo dell’Islam. La Luna compare spesso nel Corano, ma il simbolo dell’Islam non deriva dal Libro Sacro, bensì dal ricordo di una famosa battaglia che oppose l’Islam alla cristianità. Verso il lago Tiberiade, nell’antica Palestina, c’era una collina rocciosa con due vette, detta: "I corni di Hattin". Qui nel tardo pomeriggio del 4 luglio del 1187 il Sultano Yusuf ibn Ayyub Salah-an Diin, detto il Saladino, annientò l’esercito cristiano e divenne virtualmente padrone del Medio Oriente. La battaglia finì nella notte e all’alba nel cielo ancora scintillava una falce di luna e una stella. Il Saladino la prese come simbolo di vittoria sui cristiani. L’emblema fu posto sulle sue bandiere e poi divenne il simbolo dell’Islam. La falce di luna con la stella è quindi per l’Islam simbolo di vittoria sugli infedeli; il verde è invece simbolo di fertilità, ricchezza, abbondanza, vita che rifiorisce. Islam La parola viene tradotta generalmente con "sottomissione". La radice araba s-l-m significa anche: "abbandono a Dio" e "arrendersi alla sua volontà". Secondo i seguaci di questa religione è la "vera" fede, che aggiorna e completa e, nello stesso tempo, abroga le altre religioni monoteiste (ebraismo e cristianesimo). L’Islam è la religione della "sottomissione", del "timore" e dell’abbandono fidelistico e del fatalismo (inshallah: significa se Dio vuole). Dalla sua origine l’Islam si è propagato dalla penisola araba all’intera Asia centrale, all’India e nell’Asia sud-orientale. Sono musulmane le coste orientali e tutto il settentrione dell’Africa. In Europa, il dominio ottomano ha lasciato alcune enclaves musulmane: Turchia europea, Bosnia, Albania e Kosovo. Una credenza errata è che esista un unico Islam, anche se in realtà, in nome di Allah, tutti i musulmani si riconoscono come fratelli. Esistono due principali tradizioni o correnti di pensiero: 1) i sunniti, che accettano la sunna, cioè la tradizione classica, le quattro scuole giuridiche canoniche, la successione del Profeta perpetuata dal primo califfo Abu Bakr. 2) gli sciiti (da: Shi ’a, il "partito di Alì"), che disconoscono la successione del Profeta proposta dai sunniti e si rifanno ad Alì, cugino e genero di Maometto, ritenuto suo legittimo successore e "vero Califfo". Gli sciiti hanno una propria scuola giuridica e fanno riferimento all’insegnamento di autorità ispirate da Dio o addirittura manifestazioni della divinità stessa: l’Imam (vedi voce). Gli sciiti sono il 10 per cento dei musulmani e principalmente sono presenti in Iran e nel sud dell’Irak. Attendono il ritorno dell’ultimo Imam, per qualcuno il dodicesimo, da loro ritenuto il vero successore del Profeta, che, affermano, si sarebbe nascosto, occultato in una caverna per sfuggire alle persecuzioni. La fede dell’Islam Si manifesta con atti rituali, ed il Corano ne fissa con chiarezza gli obblighi che sono chiamati: "i 5 pilastri" (Arkan). Il primo pilastro e' La testimonianza, cioè la professione di fede: "professo che non esiste altra divinità oltre a Dio e che Maometto è il suo inviato". Con questa formula, pronunciata davanti a dei "probi testimoni musulmani", o meglio davanti a un dottore della legge islamica ci si converte, ci si "arruola" nell’Islam. Gli ebrei devono riconoscere inoltre Cristo come il penultimo dei profeti, i cristiani devono rinnegare Cristo come Dio. E’ facile diventare islamico, il difficile è abbandonare questa fede. Infatti non è assolutamente ammesso l’abbandono dell’Islam per altre religioni. Per il diritto musulmano vigente colui che abbandona l’Islam, che non ascolta le esortazioni a tornare sui passi, è condannato a morte. Quest’idea va contro ogni principio di libertà religiosa comunemente accettato nel mondo occidentale. La richiesta di introduzione della condanna a morte per apostasia come legge ufficiale di stato è un punto basilare del programma di tutte le correnti fondamentaliste ed è attuata in alcuni stati islamici come l’Iran e il Sudan. Il secondo pilastro e' nelle 5 preghiere quotidiane in diversi momenti della giornata: all’alba, a mezzogiorno, nel pomeriggio, al tramonto e di notte. Anche se il Corano non dice quante volte si deve pregare, la consuetudine (Sunna) delle 5 preghiere giornaliere risale alla prassi del Profeta. Il Corano sancisce solamente che il credente deve pregare con il volto verso la Mecca e che prima della preghiera deve compiere delle abluzioni rituali. Se manca l’acqua l’abluzione può essere effettuata anche con sabbia o terra che devono essere prelevate da un luogo elevato e "non contaminato" (sura numero 5, versetto 6). La preghiera rituale non è solo una recita ma è costituita anche da una serie di posizioni del corpo: eretta, flessa in avanti, inginocchiata (si deve toccare due volte il suolo con la fronte). Un buon credente si riconosce, recita un proverbio, "dal callo che si forma sulla fronte". La parola araba "masgid", luogo dove ci si prostra, ci suggerisce lo spazio designato per le preghiere. Da questo termine deriva la parola moschea (vedi voce). In linea di principio il fedele può pregare ovunque si trovi; deve solo assicurarsi che il luogo non sia contaminato, da qui l’uso del piccolo tappeto rituale. Il terzo pilastro consiste nel Pagamento dell’imposta coranica, che è un’elemosina, un atto di solidarietà con il resto della comunità. Il Corano non stabilisce l’entità dell’imposta, anche se i giuristi hanno elaborato complesse regolamentazioni. Col tempo è diventata una vera e propria tassa legale che nei paesi islamici si esige su: cereali, frutta, bestiame, mercanzie, argento e oro. I beneficiari non sono più gli emarginati ma gli stati islamici che usano quei soldi secondo criteri diversi, ma generalmente per propaganda e fini politici. Il quarto pilastro consiste nei pellegrinaggi alla mecca, assolutamente vietati, pena l’arresto, ai non musulmani, che affonda le origini in tradizioni pre-islamiche, anche se per i credenti ricorda il viaggio compiuto dal Profeta alla Mecca poco prima della sua morte. Fin dal 1516 i protettori e gli organizzatori del pellegrinaggio erano i sultani ottomani; dal 1925 questo compito spetta al re dell’Arabia Saudita che porta infatti il titolo di "Servo delle due città sacre" (La Mecca e Medina). Da qui nasce il primato morale e politico dell’Arabia Saudita su tutti gli altri stati islamici. Quinto e ultimo pilastro e' il digiuno del mese di Ramadan prescritto dal Corano (sura 2, versetti 183, e 187) ed è definito "precetto divino". E’ l’obbligo per tutti gli adulti, in buona salute, a digiunare dall’alba al tramonto, tutti i giorni, nel mese lunare del Ramadan, il mese in cui Maometto avrebbe avuto la rivelazione del Corano. Digiunare significa astensione da cibi e bevande, tabacchi e profumi, e da ogni pratica sessuale. Per la notte è tolta ogni proibizione. Imam E' "Colui che sta davanti", "colui che guida". Per i sunniti (vedi voce Islam) è colui che presiede le riunioni della comunità e dirige le preghiere collettive del venerdì nelle moschee (Vedi voce). Per gli sciiti è un discendente del Califfo Alì, e vero capo spirituale della comunità. Per certi versi è una via di mezzo tra prete e sindaco. Differenza tra musulmano, islamico, e maomettano. I termini Islam e musulmano derivano dallo stesso verbo: "salama" cioè abbandonarsi, donarsi, sottomettersi. L’Islam è il nome verbale e significa sottomettersi; Muslim (da cui musulmano) è il suo participio presente: colui che si sottomette. Il termine maomettano è per gli islamici un'offesa perché i seguaci dell’Islam pregano e si sottomettono ad Allah e non a Maometto. Maometto Il Profeta dell’Islam nato probabilmente alla Mecca tra il 569 e il 571 dopo Cristo. Orfano di padre e a sette anni anche di madre, fu affidato a uno zio; fra il 595 e il 600 sposò la ricca vedova Khadijah che lo aveva preso al proprio servizio. Fu la prima convertita all’Islam e dette al profeta tre figli maschi (tutti morti in età giovanissima) e quattro femmine tra le quali Fatima che poi andò in sposa ad Alì (vedi voce Islam). Intorno al 610 Maometto, secondo la tradizione, ebbe la prima rivelazione del Corano, in una grotta sul monte Hira. Nel 612 iniziò la sua predicazione pubblica. A seguito di persecuzioni da parte dei sostenitori del politeismo dovette abbandonare la Mecca e nel settembre del 622 emigrò con alcuni amici nella città di Yathrib (oggi:Medina). Con il 622 ha inizio l’Egira e il conteggio degli anni secondo la datazione islamica. A Medina il movimento di Maometto divenne una vera e propria comunità politico-religiosa. Per procurarsi mezzi di sostentamento il Profeta ricorse alle razzie contro le carovane di mercanti. Nel 624, a Badr, ci fu un primo scontro contro l’esercito della Mecca e i musulmani risultarono vincitori. Nello stesso anno Maometto espulse da Medina la comunità ebraica (è l’inizio dell’antisemitismo islamico). Dopo una serie di battaglie dalle alterne vicende nel 630 infine la Mecca venne conquistata e Maometto ordinò la distruzione di tutti gli idoli. Nel 632 guidò l’ultimo pellegrinaggio alla Ka’ba che è conosciuto come il "pellegrinaggio dell’addio". Infatti, nello stesso anno, il Profeta morì a Medina (dove è sepolto) fra le braccia di Aisha, la prediletta giovanissima moglie. Maometto, secondo la tradizione, ebbe 15 mogli e un’infinità di concubine ma nessun figlio maschio a cui lasciare la successione. Seconda parte Donna L’Islam è profondamente antifemminista come rivelano alcune Affermazioni celebri: "Impedite alle donne di imparare a scrivere. Dite no ai loro capricci". (Omar, secondo Califfo, 581, 644); "La donna è un demone, e questo è terribile, ma è un demone necessario", "Non si dovrebbe mai chiedere un consiglio a una donna, perché privo di valore" (Alì, cugino del Profeta, 600, 661). In genere l’Islam considera le donne intellettualmente, moralmente e fisicamente inferiori. "Le donne hanno meno ragione e fede degli uomini", recita un famoso proverbio arabo. Essendo considerata inferiore all’uomo nell’ordine politico e in quello giuridico, la donna è quasi sempre stata esclusa dal potere, non può essere giudice, né direttore di preghiera (imam), né predicatore, né curatore matrimoniale (in Arabia saudita non possono nemmeno avere la patente). Nei giudizi la testimonianza di un uomo equivale generalmente a quella di due donne, e nelle successioni, alla donna viene assegnata di regola la metà della quota data all’erede di sesso maschile. Salvo eccezioni è l’uomo che prende l’iniziativa di sciogliere il matrimonio e può unilateralmente pronunciare la formula del ripudio. E’ tollerata la poligamia (eccetto in Tunisia) sebbene la tendenza, forse per questioni economiche, sia oggi di limitarsi a una sola moglie. Gli uomini sono autorizzati a sposare donne non musulmane (purché monoteiste) mentre alle donne è severamente proibito sposare non islamici. In certi paesi islamici il diritto allo studio è limitato per le donne e molte bambine, a 14 anni circa, lasciano la scuola per prepararsi al matrimonio. Per il Corano le donne sono instabili, emotive, sentimentali, influenzate dai loro ritmi biologici, prive di giudizio. Sono psicologicamente labili e inferiori all’uomo. "Non si dovrebbe mai chiedere consiglio a una donna perché il suo parere è privo di valore", così affermava Alì, cugino del Profeta; e ancora "la donna è un demone e quello che è peggio è che è un demone che l’uomo ritiene necessario". Si dice che Maometto non accettasse la testimonianza di una donna in materia di matrimonio, divorzio e punizioni "stabilite" (hudud). Le punizioni stabilite Diamo ora una breve rassegna delle punizioni contemplate nel Corano e negli Hadith. Per l’adulterio è prevista la lapidazione; per la fornicazione 100 frustate; per l’apostasia è prevista la morte; per il consumo di vini e alcolici 80 frustate o a discrezione la morte; per il furto è prevista l’amputazione della mano destra; per la rapina si tagliano le mani e i piedi; per una rapina con omicidio è prevista la morte per crocifissione o spada. I giuristi dell’Islam accettano solo la testimonianza di testimoni maschi; la voce di una donna è priva di valore. In caso di adulterio ai tempi di Maometto le donne trovate colpevoli venivano "murate vive in casa"; "chiudetele in casa finché le coglierà la morte o fino a quando Allah apra loro una via", (sura numero 4, versetto 15). Poi in un passo successivo il Corano abrogò questa pratica che fu sostituita dalla lapidazione. Per la legge coranica è lecito per l’uomo uccidere la moglie o l’amante colti in "fallo". Ricordiamo che è adultera anche la donna violentata in quanto se violentata ha sicuramente indotto in tentazione l’uomo. Infibulazione Le mutilazioni sessuali femminili (infibulazione e clitoridectomia), sono ampiamente praticate in Africa occidentale, sahariana e orientale, così come nello Yemen e nell’Oman. Le loro origini sono addirittura legate a tradizioni dell’Egitto faraonico (da qui il nome di "infibulazione faraonica"). L’infibulazione e l’escissione della clitoride non sono menzionate dal Corano anche se i dottori in teologia che si degnano di affrontare l’argomento raccomandano la pratica considerata un "atto pio". E’ una operazione dolorosa e orribile che può essere effettuata con coltelli, rasoi e pezzi di vetro, di rado con l’anestesia. Dopo l’escissione le parti sono ricucite con filo di cotone o filo di pelle di pecora. Può portare gravi problemi per la salute delle donne, e anche alla morte. Dopo la cucitura, rimane solo un "asteo" (forellino) vaginale piccolissimo, tanto da creare problemi al flusso mestruale e al passaggio dell’urina. La donna infibulata soffre di dolori pelvici e cisti, oltre, naturalmente, a gravi problemi psicologici. Al momento del matrimonio l’infibulazione viene allargata per permettere i rapporti sessuali (anch’essi molto dolorosi). Velo Il "velo", (hijab), termine arabo che indica qualcosa che impedisca a qualcos’altro di essere visto (abito, schermo, tenda, muro, eccetera,). Possiamo anche citare i nomi di altri indumenti usati per coprire la donna musulmana, fra questi il Burka (in Pakistan e Afganistan), il Chador (in Iran), il Tarna ed il Chambar (in Egitto e Siria). L’esistenza dell’obbligo di portare il velo nel mondo musulmano è questione discussa anche se i suoi sostenitori si appellano, in modo piuttosto rocambolesco, a due sura (capitoli) del Corano: la numero 33 (versetto 59), e la numero 24 (versetto 31). In nessuna delle due sura è però espresso l’obbligo del velo. I versetti appaiono piuttosto un invito rivolto alle donne ad assumere un atteggiamento dignitoso indossando una tunica o un mantello per tenere nascoste "certe parti" del corpo. Su quali siano queste parti insigni teologi e giuristi hanno a lungo dibattuto. E’ comunque un errore attribuire un'origine religiosa all’uso del velo che deve essere piuttosto considerato un simbolo della condizione servile della donna, imposto dalla società fortemente maschilista islamica. Il velo e l’obbligo delle donne musulmane di rimanere segregate in casa vennero con l’Islam e dai suoi teologi che sostenevano la superiorità dell’uomo sulla donna. Così,secondo il pensiero del noto giurista e riformatore religioso dell'undicesimo secolo, Al-Ghazali, l’organizzazione islamica deve tendere a neutralizzare il potere delle donne sull’uomo, pericoloso, in quanto distruttivo della stessa organizzazione sociale basata sul sostenuto potere conferito all’uomo da Dio e sull’autorità dell’uomo nella famiglia, nucleo principale della società. L’imposizione del velo o del burka, in alcune società islamiche tradizionaliste è simbolo di segregazione, di gelosia, di possesso, è simbolo dell’egoismo dell’uomo islamico fermo nel tempo al medioevo. Simbolo di mancanza di fiducia del padre, del fratello, del marito; trasforma la donna in merce di scambio da incartare e mettere via. E’ frutto di menti psicopatiche, frustrate e ossessive. E il tragico di tutto questo comportamento è che si fonda sul nulla religioso. Moschea La moschea non è soltanto un luogo di culto e non può essere paragonata a una chiesa. La moschea (dall’arabo: masgid che significa "prostrarsi", ma esiste anche il termine, ‘gami, cioè "luogo di riunione"), non è un tempio consacrato, è invece il luogo dove la comunità si raduna per esaminare le questioni attuali che la riguardano: sociali, politiche e anche per la preghiera. La comunità si raduna ogni venerdì, a mezzogiorno, per la preghiera pubblica sotto la direzione di una guida (imam), che non è un sacerdote ma solo un interprete del magistero coranico. Contrariamente a quanto si crede, il venerdì non è il giorno in cui non si lavora, come la nostra domenica; anche in Arabia Saudita è giorno lavorativo e si chiudono i negozi solo a mezzogiorno, nell’ora del raduno. La prima moschea fu costruita da Maometto a Medina, nel 622 dopo Cristo, ed era la dimora del Profeta. Oggi, con il diffondersi del terrorismo, alcune moschee sono diventate anche luoghi militari dove preparare il Jihad, la guerra santa: sono vere e proprie fucine di plagio, basi operative dove gli estremisti trovano protezione, finanziamenti e coperture. I Tabù alimentari: la carne di maiale e bevande alcoliche Primo tabù, la Carne di maiale: gli islamici hanno una grandissima repulsione per il maiale, definita "bestia immonda", e trovano giustificazione del loro disgusto nel Corano, Sura 5, versetto 3; Sura 6, versetto 145; Sura 2, versetto 173; Sura 16, versetto 115. Le motivazioni del divieto (a parte la norma divina) sono varie anche se generalmente si sostiene che il maiale sia "portatore di malattie nei paesi caldi". Secondo il filosofo Maimonide (1135, 1204): "La carne di porco non va consumata perché si nutre di alimenti sudici e disgustosi". E’ tanta l’avversione per i maiali, che il romanzo "La fattoria degli animali" di Giorge Orwell è bandito dai Paesi islamici; talvolta (in Arabia Saudita e nelle nazioni ultraortodosse) la polizia religiosa ispeziona i negozi di giocattoli per trovare e distruggere qualsiasi pupazzetto a forma di maiale, come Miss Piggy, il famoso personaggio dei Muppet show, o Winnie Pooh ed il suo amico Piglet. Un terreno o un ambiente dove è passato o è stato versato sangue di maiale è ritenuto "impuro e abominevole". Secondo tabù, le Bevande alcoliche: non esiste un Paese nel mondo islamico dove non sia possibile ottenere bevande alcoliche e dove qualche "bravo" musulmano non consumi vini e liquori di contrabbando. Questo benchè l’uso degli alcolici sia severamente proibito. Come abbiamo già visto, il Corano sull’argomento è piuttosto ambiguo. Il Profeta prima loda il vino (sura 16, versetto 67), poi mostra la sua disapprovazione all’uso (sura 2, versetto 216; sura 4, versetto 44), finchè non lo proibisce del tutto (sura 5, versetto 90). Chi beve vino, secondo la legge islamica, deve essere punito con ottanta colpi di frusta anche se in Arabia Saudita alcuni principi ultra integralisti condannano chi viene trovato in possesso di alcolici con la morte. Terza parte Integralismo e fondamentalismo Il fondamentalismo islamico è un fenomeno abbastanza recente e affonda le sue origine nei movimenti di rinascita dell’Islam e nelle dottrine ultraortodosse e iconoclaste (che spiegano ad esempio la distruzione delle statue dei grandi Buddha in Afganistan ad opera dei talebani), di ‘Abd al Wahkab (1703, 1792) che dette origine al movimento Wahabita diffuso oggi principalmente in Arabia Saudita. Questa ideologia risente in maniera profonda delle dottrine politiche del teologo e giureconsulto Ibn Taymiyyah (1263, 1328), vissuto dopo il trauma dell’Orda d’oro mongola che spazzò via tutti i paradigmi politici e le istituzioni musulmane preesistenti. Le teorie del filosofo riformatore furono rielaborate agli inizi del 1900 quando il mondo islamico conobbe un altro periodo di grandissima crisi d’identità con la fine del Califfato abolito da Kemal Ataturk in Turchia nel 1924. Le radici di questo complesso fenomeno, nato come volontà di ricerca di autonomia nei confronti delle Potenze occidentali, sono religiose, metastoriche e fideistiche. L’Islam nel pensiero fondamentalista (ad esempio di Sayyd Qutb (906, 1966), o dei Fratelli Musulmani) è una religione onnicomprensiva del mondo e della realtà; è fede e politica ad un tempo. Lo stato islamico si deve unicamente fondare sui principi contenuti nel Corano e nella Sunnah (usi, pratiche, canoni di prescrizioni definiti da Maometto e dai primi quattro Califfi, e fermi a quell’epoca). La shar’ia (legge coranica, e quindi divina), sovrasta tutte le leggi e le carte costituzionali "inventate" dagli uomini e i fondamentalisti vi si devono attenere col massimo rigore. Il mondo dell’infedeltà, il non-Islam, non ha diritto di esistere perché è la sottomissione (Islam) che dà valore all’esistenza. Questa è anche la dottrina di un’altra corrente religiosa che rifiuta ogni interpretazione in senso innovativo del testo coranico (salafiti), che approvano solo quelle che si riferiscono ai salaf (antenati, avi). Fra questi salaf dobbiamo ricordare Ahmed ibn Hambal, morto nell’855 dopo Cristo e fondatore della scuola giuridica hambalita, che serve di fondamento dottrinale al wahkabismo. Su questa ideologia è stato elaborato il paradigma della dottrina politica fondamentalista che ha ispirato Al caeda e Bin Laden. Sciìàd Letteralmente significa: "sforzo", "impegno" a proseguire sulla retta via segnata dall’Islam. L’Islam distingue fra "grande" Sciìàd (lotta spirituale), e la "piccola" Sciìàd (guerra santa a scopo difensivo). Nel medio evo, sotto l’occupazione mongola, il giurista Ibn Tammiyya (Quattordicesimo secolo), trasformò la Jihad in imperativo offensivo. In seguito il concetto fu sviluppato e amplificato fino a farne un vero e proprio sesto pilastro dell’Islam. Le opere di Ibn Tammiyya furono largamente diffuse in Egitto intorno alla seconda metà del secolo scorso, in edizioni propagandate dall’Arabia Saudita, dove l’Islam wahabbhita (vedi voce) lo aveva designato maestro indiscusso. I movimenti radicali vi trovano la teorizzazione della lotta armata e del terrorismo. Secondo questa concezione tutti i Paesi che non si trovano sotto il dominio dell’Islam sono "zona di "guerra" e devono essere conquistati con ogni mezzo, anche con il terrore, che non si fermerà sin quando tutto il mondo non sarà islamizzato. Evidentemente questa prescrizione coranica ha dovuto, nel tempo, fare i conti con le mutate circostanze politiche, tuttavia continua a sussistere in sede di diritto. E’ un principio legale e dobbiamo prenderne atto per capire il mondo islamico, la sua politica, l’immigrazione verso l’Europa e il terrorismo che affonda le sue radici nel Corano, nella tradizione e nella vita e l’esempio dello stesso Maometto. Quando il Profeta errava con i suoi seguaci per sostentarsi compiva razzie, che venivano tollerate e definite "piccolo Jihad" per convertire gli infedeli. La tradizione racconta che Maometto guidò ben 27 campagne militari e che altre 30 ne organizzò. Per l’Islam è con la guerra che la conversione si diffonde nel mondo. Il Sciìàd è una norma divina che fa del musulmano non solo un credente ma anche un combattente (muscìaidìn) pronto all’omicidio e al suo stesso sacrificio per la causa di Allah. La guerra santa cesserà solo quando l’Islam trionferà su tutta la terra, poiché il suo fine ultimo è proprio quello di costituire una sola comunità organizzata, unica interprete e custode esclusiva della Sharìa (la legge islamica). Su questo punto il Corano è inequivocabile (sura numero 8 versetti 12 e 14, e sura numero 9 versetti 5 e 14). Gli infedeli ammessi a vivere in terra islamica che vogliono conservare la loro religione (ma solo i cristiani e gli ebrei) lo possono fare e saranno "protetti" (Dimmi). Gli altri se non si convertiranno saranno ridotti in schiavitù o uccisi. Di fatto però i musulmani hanno esteso lo status di Dimmi alle popolazioni di tutte le terre conquistate e anche ai convertiti. La sottomissione al vincitore è regolata da un particolare statuto: 1) pagamento di un tributo, 2) limitazioni sul piano civile e politico (divieto di costruzione di nuovi edifici di culto, processioni e uso delle campane), divieto di fare proselitismo, divieto di portare armi; 3) rispetto di regole relative al vestiario che deve essere diverso da quello dei musulmani. A queste condizioni gli infedeli protetti ricevono o dovrebbero ricevere garanzie di libertà di culto! Oggi l’Arabia Saudita e altri Stati islamici non concede neppure questo spiraglio di libertà: i cittadini sauditi devono essere musulmani e ai non musulmani viene negato ogni diritto di poter manifestare la propria fede religiosa. La polizia saudita può penetrare liberamente nelle abitazioni dei cittadini e li può arrestare per il solo fatto di trovarvi una Bibbia o i Vangeli. FINE